venerdì 17 febbraio 2017

Toponomastica e territorio

Il territorio - che a mio giudizio esiste in quanto “visto” dall'uomo - esprime il complesso delle relazioni fra l’uomo, individuo o società, e il mondo circostante ed è quindi per definizione una realtà “lavorata” e utilizzata. Esso nasce dall'azione dell'uomo, che partendo dal mondo preesistente lo crea secondo una struttura congruente con le proprie necessità. Ciò implica che il territorio è in continua evoluzione e quindi bisogna osservarlo con la capacità di vederlo non solo come è adesso ma anche nella sua evoluzione.

Questo è possibile con l’individuazione e l'interpretazione dei segni che, oggi, indicano il territorio di ieri e la  toponomastica è uno dei più efficaci strumenti per osservare e capirne l'evoluzione. Infatti i nomi cambiano molto più lentamente degli altri segni dell'uomo e rimangono a memoria di linguaggi, tradizioni, leggende e popoli ben dopo che la loro origine si è confusa nel fiume delle cose. Si pensi, fra i tanti esempi possibili, ai nomi comuni che dopo aver indicato classi di oggetti diventano propri e fanno scoprire toponimi uguali a centinaia di chilometri di distanza, in contesti ormai diversi e apparentemente irriducibili a una matrice comune.

La minaccia è oggi quella dell’omologazione culturale: per i toponimi essa si concretizza nella scomparsa delle parlate locali come strumento di comunicazione quotidiana e nella forzata e talvolta impossibile traduzione nella lingua nazionale. Inoltre la scomparsa di un insediamento rurale diffuso e legato al suo contesto territoriale riduce molto la necessità di una toponomastica dettagliata e impoverisce l'articolazione toponomastica del territorio stesso.

Diventa allora fondamentale recuperare i toponimi così come sono davvero, salvando un patrimonio che già da lungo tempo la cartografia e l'iconografia tradizionale hanno bistrattato e forzato, storpiandolo nella camicia di forza della lingua italiana. Il tempo a disposizione è poco e scadrà con l’ultimo dei liguri che parlano italiano (fra pochi anni avremo soltanto degli italiani che magari parlano anche il ligure).

Sarebbe compito di una consapevole Amministrazione difendere il patrimonio linguistico delle genti che abitano il suo territorio. La perdita della lingua è infatti la perdita dell’identità, è la rinuncia al proprio patrimonio di sapori, di tradizioni, di canti: un inconsapevole annullamento nella società della televisione e della lingua italiana "a pollici multimediali".

Salvare i nomi dei luoghi è un primo intervento di emergenza: si tratta di fissare il patrimonio linguistico nella sua parte più antica e a rischio di estinzione. In altre parole è un intervento di salvaguardia di un bene culturale prezioso e non rigenerabile. Il recupero evita che vada perduto uno dei principati strumenti per la lettura storica del territorio e per la conservazione della memoria di coloro che ci hanno preceduti.


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