Un blog
come questo sarebbe meno proponibile in una città che non sia
Genova, soprattutto perché Genova è una città verticale, poi e in
minor grado perché Genova sta di fronte al mare.
La
pendenza di Genova e della Liguria rendono l’insediamento umano
frammentato, spesso quasi episodico, e lasciano molti spazi o
interstizi che non sono naturali, ma tuttavia appartengono a una
ruralità che ha saputo colloquiare con la natura, addomesticarla
senza domarla. Oggi troppo spesso si vuole dominare la natura, e in
questa maniera ci si espone a un sicuro fallimento. Mentre buon senso
e storia dimostrano che il modo vincente è conformarsi ad essa,
chiedendo quanto può dare, anche il massimo, ma non di più.
Appunto, addomesticarla.
Camminare
in città e ancor di più attorno ad essa e individuare i fili (dei
canapi in realtà tanto sono forti e tenaci, e quando si va al
conflitto persino dei cavi di acciaio come quelli che tentano di
imbragare rocce e pendii) che la legano all’ambiente circostante è
una vera e propria e non banale scoperta di avventura geografica e
storica, che mi ha portato a creare l’espressione “trekking di
interfaccia”, tanto per adeguarmi anch’io questo termine
insensato che dice poco e lo dice male -ci ritornerò- ma mi allinea
disciplinatamente al trend (!!) dominante.
Ma è interessante il
concetto di interfaccia che cerca di esprimere proprio il rapporto
fra città di oggi e storia di sempre. Una interfaccia che appunto a
Genova, grazie alla verticalità e al mare, cambia repentinamente e
permette le scoperte che trasformano una camminata in una avventura.
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