domenica 9 luglio 2017

Un mondo a misura d'uomo, cioè di me stesso medesimo!

Certo è in parte inevitabile quando si osservano le cose, ma troppo spesso ci si mette al centro dello spazio e del tempo anche quando si passa alla loro comprensione e interpretazione: un modo di vedere che porta fuori strada, ovvero non porta proprio da nessuna parte.

Andiamo per monti e diciamo: è un mondo morto, senza renderci conto che ad essere morto è il mondo che noi associamo ad essi e che li ha rappresentati in un periodo storico preciso e definito, a termine. Ci portiamo addosso un atteggiamento supponente da "fine della storia", quando ciò che è finito è solo il mondo che conosciamo o di cui abbiamo letto. Oppure, più pessimisticamente, è la "nostra" storia che volge verso il tramonto.

Pensavamo a un mondo silenzioso (come le vipere timore della giovinezza) e senza vita e mentre noi pensavamo si sono insediati cinghiali daini lupi e caprioli. Non consideriamo gli uccelli perché siamo poco abituati a guardare in alto.
Forse consideravamo, con un po' di sufficienza, l'entroterra poco adatto ai ritmi della vita moderna e sempre più giovani riscoprono questo entroterra e i suoi ritmi, trasformando le velleità della generazione precedente in un progetto di vita; speriamo bene, però, che la velleità sia davvero ridotta.
Deprecavamo la scomparsa delle specie e varietà dell'agricoltura tradizionale e delle persone coraggiose, non necessariamente romantiche, sono ritornate ad esse e le fanno rivivere.
Ogni luogo era raggiungibile dalla strada asfaltata (troppe strade e talvolta inutili, brontolavamo e talvolta a ragione) e i pendii si sono messi gentilmente in moto offrendosi di portare giù tutto nei torrenti, mentre si inizia a pensare di chiudere qualche strada perché mancano i soldi per la manutenzione.
Camminavamo su sentieri deserti e orecchiando Caproni e il suo amico della Moglia ci chiedevamo dove erano finiti tutti  ed ora incontriamo bikers, cavalli e asini, anche moto. Troppa grazia Sant'Antonio! Forse dovremmo però chiederci dove sono finiti i sentieri.

Qualunque esso sia, ci sarà un futuro per il nostro entroterra, anche se noi non sappiamo prevederlo e ahimè neppure orientarlo perché spesso si spendono soldi come se tutto fosse statico oppure, peggio, come se quei soldi fossero dovuti agli amici che si conoscono e non ai protagonisti di un domani che non si è in grado di riconoscere.

Vedremo. Speriamo bene per i nostri cari monti e per i sentieri. Che qualcuno si chiede se saranno ancora matrici di un nuovo ciclo della vita dell'uomo del mondo, dopo il primo iniziato nella preistoria e culminato nella pax romana e dopo il secondo iniziato nell'Alto Medioevo e forse crollato con la crisi della modernità (Matteo Ottonello, Convegno "il Mare in basso", 1997).

Chissà. Certo sarà un vero peccato non poter controllare di persona. O magari e di nuovo: chissà ...

Ricerca di essenzialità

Andiamo per gradi e partiamo dal titolo del blog. Poi vediamo se si riesce ad essere più di sostanza. Da oggi "Per consumare scarpe e scarponi" diventa "Scarpe e scarponi".

lunedì 3 luglio 2017

Un mondo scomparso

Ho girato anni per monti e mentre guardavo le fasce incolte, le case diroccate, i boschi abbandonati pensavo a chi viveva in quei monti faticando e creando un mondo, un paesaggio fisico e sociale che indovinavo ma sapevo ormai scomparso. Fasce, case e boschi rimanevano come le quinte di uno spettacolo non più ripreso in un teatro abbandonato.
L'ho fatto per anni.
L'ho fatto per decenni.
Fra poco arriverò al cinquantennio.
Adesso, guardando chi passa sui sentieri in bicicletta, in moto, a cavallo, northerly walking molto elegantemente o correndo a rotta di collo (che invidia per i corridori!), mi chiedo se per caso anche io pedestre camminatore d'antico stampo non faccio parte di un altro mondo, quelli che partivano alle 5 di mattina e arrivavano alla base in treno o in autobus e neppure immaginavano i sofisticati prodotti e i materiali tecnici che ora abbiamo comperato. Sarò forse diventato anche l'ombra sbiadita di un mondo scomparso?

Domani rinnoverò gli scarponi in Goretex che non ne possono più e magari prenderò una maglietta tecnica rosso fuoco ad asciugatura lampo. Giusto per esorcizzare il problema e non passare inosservato come un fantasma sulla quinta del paesaggio montano. Non vorrei che nascesse la leggenda dell'Escursionista errante, condannato a camminare per sempre su sentieri deserti per non aver riconosciuto e accolto degnamente la modernità. Che diamine! Sono più di trentanni che ho la giacca in Goretex e non esco se non ho il GPS in tasca. Ma magari vedendo un vecchio con la barba bianca la gente chissà cosa pensa, non ci crede. Meglio chiarire.

Ricordi e realtà

Quando si torna in un luogo (putacaso, l'Antola) in cui non si vive e che non si visita molto spesso ma si conosce sin da quando si era ragazzi, è quasi inevitabile ritornare con il ricordo alle prime volte che ci si andava, quelle che hanno creato l' "imprinting" con cui lo si vede. Tutto ciò è in genere motivo di malinconia, e anche una mancanza di riguardo alle persone con cui ci si ritorna e che allora non c'erano. Ma tant'è non se ne può fare a meno, per l'affezione dei ricordi e per una tendenza, presente anche nelle persone più obiettive, a crearsi una età dell'oro, in genere favolistica quanto quella del mito.
Oltre una certa età tutto ciò può diventare dannoso perché in genere il ricordo ri-ricreato e angelicato per strati successivi, oltre ad essere talvolta finto ci rende orbi alle bellezze del presente. Meglio fermarsi, allora e magari cercare altre mete? Tagliare la testa al toro del presente e limitarsi a quella dell'angelo che sorge dalla memoria? Forse, se il peso del ricordo soverchia la visione di oggi, ma meglio sarebbe saper continuare a guardare senza troppo fardello.
Certo che se tutto diventa lo specchio del ricordo, è opportuno allora limitarsi ad esso (il ricordo) ed evitare confronti che il più delle volte sono impietosi per noi e per ciò che ci sta davanti.
Ma quando ciò succederà saremo davvero vecchi e potremmo anche rinchiuderci in un giardino murato o addirittura in una ben fornita stanza studio. Sarebbe una scelta quasi irreversibile, che è opportuno rinviare più che si può.
Meglio l'imperfezione del presente che la (falsa?) perfezione di un passato ricordato e ricreato a memoria.