lunedì 3 luglio 2017

Ricordi e realtà

Quando si torna in un luogo (putacaso, l'Antola) in cui non si vive e che non si visita molto spesso ma si conosce sin da quando si era ragazzi, è quasi inevitabile ritornare con il ricordo alle prime volte che ci si andava, quelle che hanno creato l' "imprinting" con cui lo si vede. Tutto ciò è in genere motivo di malinconia, e anche una mancanza di riguardo alle persone con cui ci si ritorna e che allora non c'erano. Ma tant'è non se ne può fare a meno, per l'affezione dei ricordi e per una tendenza, presente anche nelle persone più obiettive, a crearsi una età dell'oro, in genere favolistica quanto quella del mito.
Oltre una certa età tutto ciò può diventare dannoso perché in genere il ricordo ri-ricreato e angelicato per strati successivi, oltre ad essere talvolta finto ci rende orbi alle bellezze del presente. Meglio fermarsi, allora e magari cercare altre mete? Tagliare la testa al toro del presente e limitarsi a quella dell'angelo che sorge dalla memoria? Forse, se il peso del ricordo soverchia la visione di oggi, ma meglio sarebbe saper continuare a guardare senza troppo fardello.
Certo che se tutto diventa lo specchio del ricordo, è opportuno allora limitarsi ad esso (il ricordo) ed evitare confronti che il più delle volte sono impietosi per noi e per ciò che ci sta davanti.
Ma quando ciò succederà saremo davvero vecchi e potremmo anche rinchiuderci in un giardino murato o addirittura in una ben fornita stanza studio. Sarebbe una scelta quasi irreversibile, che è opportuno rinviare più che si può.
Meglio l'imperfezione del presente che la (falsa?) perfezione di un passato ricordato e ricreato a memoria.

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